Venturoni si è dimesso: «Non ho più la pazienza»

TERAMO – «Mi dimetto perchè io oggi sono l"eletto" che non può svolgere degnamente il ruolo al quale i suoi elettori l’hanno chiamato, perchè costretto a restare confinato negli spazi di un orizzonte minimo…». Con una lettera squisitamente politica, l’assessore regionale alla sanità, Lanfranco Venturoni, ha rimesso il suo mandato nelle mani del Governatore Gianni Chiodi e del coordinatore regionale del Pdl, il senatore Filippo Piccone. «So, con la più profonda delle certezze – ha scritto Venturoni -, di non aver mai messo la mia Regione, il mio presidente, il mio partito, i miei elettori e soprattutto il cognome della mia famiglia nelle condizioni di dover soffrire per una mia azione». Venturoni che nella sua lettera cita don Tonino Bello ("Se oggi non sappiamo attendere più, è perchè siamo a corto di speranza"), sottolinea che «se oggi io non so attendere più è perchè sono a corto di pazienza. Mi spazientisce il senso profondo dell’ingiustizia che sto patendo, il linciaggio morale che prescinde da ogni pur minima verifica, il gioco al massacro di chi deve, sempre e comunque, trovare il ‘mostro’ da sbattere in prima pagina, il malinteso giustizialismo servile di chi spera di lucrare un vantaggio, politico e personale, dall’altrui disgrazia». L’ormai ex assessore regionale aggiunge però che «non è una resa ma è la necessità di fare chiarezza, di offrire al mio presidente, al mio partito, alla mia gente, la conferma del mio considerarmi da sempre ‘al servizio di…’».

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LE REAZIONI
Paolucci (Pd): «Perso troppo tempo»
«Le dimissioni di Venturoni arrivano fuori tempo massimo: Chiodi e il centrodestra si portano sulle spalle un enorme fallimento politico e amministrativo aggravato da una arroganza senza precedenti, che ha tenuto sulla poltrona di assessore una persona con obbligo di dimora». Lo afferma il segretario regionale del Partito democratico, Silvio Paolucci. «Con le liste d’attesa che si allungano giorno dopo giorno, – ha aggiunto – la disorganizzazione, i tagli che piovono dall’alto solo sulla sanità pubblica, l’Abruzzo ha bisogno di un assessore a tempo pieno: è quello che chiedono soprattutto quei cittadini, quegli amministratori, quegli operatori della sanità che stanno protestando in tutta la regione contro i tagli imposti da Chiodi". "C’era stato l’impegno a riportare la discussione sui tagli in quattro tavoli provinciali – ricorda Paolucci – ma questo ovviamente non è avvenuto: noi ci continuiamo a battere perchè si apra invece un dibattito con gli operatori, i sindaci, i sindacati e perchè si fermi la disarticolazione della sanità pubblica».
Giuliante e Chiavaroli (Pdl): «Dimissioni dal nobile significato»
«Le dimissioni dell’Assessore Lanfranco Venturoni sono per noi l’occasione anche per una riflessione più ampia». Lo affermano in una dichiarazione congiuta il capogruppo regionale del Pdl, Gianfranco Giuliante, e il consigliere regionale Riccardo Chiavaroli. «La foga giustizialista già nei mesi scorsi – ricordano i due consiglieri del Pdl – si era abbattuta su Venturoni per il quale – coinvolto in un’altra inchiesta – non mancarono le "sollecite" richieste di dimissioni da parte di un centrosinistra sempre più piegato al dipietrismo e per il quale il garantismo dettato dalla Costituzione è semplicemente un elemento interpretabile secondo convenienza. Oggi nessuno vuol ricordare, però, che quelle accuse si sciolsero come neve al sole, la sua posizione fu archiviata perchè non coinvolto in alcun genere di illecito ed il tutto, purtroppo, senza l’onore dei titoli cubitali che invece gli toccarono al momento della diffusione delle notizie sull’avviso di garanzia». «Siamo certi – dicono infine Giuliante e Chiavaroli – che anche stavolta la conclusione giudiziaria sarà la stessa e Venturoni saprà, speriamo velocemente, dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati. Con questa convinzione, le sue dimissioni – che non erano assolutamente dovute! – oggi hanno per tutti noi un significato nobile e di cui vogliamo rendere
merito e onore a Lanfranco Venturoni, il quale in tal modo ha voluto anteporre alla difesa della sua personale posizione, la salvaguardia generale del governo della Regione,del suo partito, dell’intera classe dirigente abruzzese, riaffermando il primato della politica quale servizio alla collettività».